venerdì 24 febbraio 2017

Educare nel sentiero - Echi dal Convegno Nazionale di Pastorale Giovanile di Bologna


"La cura e l’attesa": che strano titolo questo per un Convegno Nazionale di Pastorale Giovanile dove la riflessione è stata su uno dei soggetti di questo servizio che è l'educatore. E’ stato il tema del Convegno vissuto a Bologna (20-23 febbraio u.s.) che ha visto riflettere e confrontarsi insieme 700 membri appartenenti a 165 diocesi italiane: un vero respiro di Chiesa che si sta preparando a celebrare il sinodo dei giovani nel 2018. 

"Cura e attesa": che significa? Sono le due dimensioni della vita che si concretizzano in atteggiamenti, gesti , cuore per occuparsi dell’uomo tutto intero e vivere in questo cammino con speranza perché l’uomo può “battere” le strade della vita per crescere e cambiare.

Educare è "insegnare a vivere": prendo in prestito questa frase e alcuni passaggi della riflessione del prof. Vittorino Andreoli per rileggere questi giorni. Il primo compito dell'educatore non è avere competenze particolari ma di trasmettere cosa è vita e quanto essa sia qualcosa di sacro e prezioso. Vivere, appunto, vuol dire sapere cosa è vita, quale è il suo senso, che cosa significa, quindi, anche il morire. Il problema oggi non è più tra chi crede e non crede ma tra chi si pone il significato della vita e chi no! 

Mi chiedo allora di quale vita stiamo parlando?! Noi abbiamo un grande esempio e Maestro che è Gesù che ci insegna la vita, è la Vita. La visione di Gesù è quella dell'umanesimo, della fragilità: "la fragilità è la nostra condizione: non siamo deboli ma fragili e fragile vuol dire aver bisogno dell’altro non per sottometterlo e dimostrare chi sono ma perché l’unione di due fragilità dona forza per vivere" (V. Andreoli). Educare allora non è decorazione o insegnare le buone maniere ma sentire che c'è interesse per l'altro, è dedicarsi all'altro perché il sentiero si "batte" insieme. 

Vita-fragilità-relazione: sembrano tre paradossi anche un po' contraddittori tra loro ma sono il percorso in cui la vita di ciascuno di noi e di ogni uomo si muove. Questo movimento ci rende fecondi cioè capaci di generare altra vita tra noi, per gli altri e insieme ad altri perché l'educazione è un lavoro di squadra! Molto bello è stato un passaggio di Mons. Erio Castellucci (vescovo di Modena-Nonantola): "Educare i giovani è cosa di cuore e significa aiutarli ad amare il sentiero che si percorre verso la meta". Si! Noi accompagniamo il percorso verso la meta e, ci lasciamo accompagnare, perché insieme si colga il senso delle piccole cose che ci sono lungo il tragitto. Questo è il mandato per ciascun educatore perché "la vita accade lì dove ci sono le persone" (cit. prof. Marco Moschini). 

In questa preghiera di Mons. Galantino si racchiude questo percorso: "Che il Signore ci doni di essere segno di ascolto profondo, di avere un cuore pieno di compassione per le fatiche a cui va incontro ogni figlio di questo mondo nello sforzo di crescere e diventare grande".

Buon cammino!

sr. Rosa Della Volpe




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