Nella Basilica di san Francesco ad Assisi la predicazione della novena in preparazione alla festa è affidata quest'anno a p. Gianni Cappelletto, frate minore conventuale. Nel nostro blog proporremo un settenario con degli stralci interessanti delle sue omelie, ringraziando p. Gianni per averci concesso di pubblicarle.
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5. I volti della misericordia: Maria, Madre di Misericordia
«La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore»: con queste parole papa Francesco inizia a parlare – nella bolla di indizione del Giubileo (n. 24) – della Vergine Maria come "Madre della Misericordia", cioè come Madre di Gesù, il Figlio di Dio che ha incarnato il volto di misericordia del Padre. Ma prima di diventare Madre, la Vergine di Nazaret ha sperimentato di essere "Figlia" della misericordia divina.
Lo afferma Lei stessa nel suo Cantico, il Magnificat, ove riconosce che il Signore «ha guardato all'umiltà della sua serva». Maria ha percepito questo sguardo di misericordia in particolare quando l'Angelo le ha chiesto – a nome di Dio – se accettava di diventare Madre del Figlio dell'Altissimo secondo le modalità scelte dal suo Creatore, cioè rimanendo vergine. Se – come afferma papa Francesco – misericordia è la "responsabilità di Dio" che si prende cura e desidera il bene di ogni persona, allora possiamo legittimamente affermare che proprio nell'annunciazione la Vergine Maria abbia sperimentato la delicatezza e la tenerezza di Dio nei suoi confronti: si sta prendendo cura di Lei, giovane donna di un paese ritenuto allora insignificante, con la proposta di una maternità che solo Lui – Dio – poteva realizzare in quel modo.
Lo sguardo dell’Eterno è stato così profondo e affascinante che non solo ha suscitato il sì di Maria, ma ha anche reso questa sua “umile serva” capace di guardare a se stessa e alla storia umana in modo completamente nuovo perché avvolta dal manto della misericordia del suo Signore. Una storia – come canta Maria nel Magnificat – che non è nelle mani dei prepotenti di turno ma di quell'Onnipotente che si prende cura degli umile e degli affamati – cioè di ogni persona nel bisogno fisico e spirituale – concedendo anche a loro l’opportunità di vivere in modo dignitoso: "rovesciare i potenti dai troni e innalzare gli umili" non va inteso – a parere mio – in senso marxista di una classe (gli umili) che per vivere ha bisogno di eliminare chi la sta sfruttando (i potenti), ma nel senso che Dio si impegna – nelle modalità e nei tempi che appartengono al suo "disegno di salvezza" – a garantire pari opportunità a tutti, essendo tutti figli suoi amati e perciò cercati con la costanza del pastore che rintraccia la pecorella smarrita o della donna che spazza la casa per ritrovare la moneta che ha perso (cf. Lc 15,1-10).
Tutto questo per estendere la sua misericordia come responsabilità da Abramo e la sua discendenza a tutte le generazioni di coloro che lo temono, che cioè si affidano alla sua bontà. Se siamo convinti che questa è l’esperienza base che qualifica il cammino spirituale della Vergine Maria, comprendiamo perché da Madre della Misericordia diventi Madre di misericordia. Questo passaggio, la Madre di Gesù l’ha vissuto in modo particolare a Cana ove pure Lei ha incarnato la misericordia come "responsabilità che si prende cura" di una situazione quasi disperata: «Non hanno più vino!» (cf. Gv 2,1-12). In quell'occasione la responsabilità (o misericordia) di Maria si è espressa - come attenzione verso chi ha perso la gioia del vangelo e il gusto di vivere simboleggiati nella mancanza di vino; - come intercessione che porta i bisogni a chi sa può far qualcosa, suo figlio Gesù; - come coraggio di far uscire quest’ultimo allo scoperto, dicendo ai servi: «Quello che vi dirà, fatelo»… perché qualcosa vi dirà di certo: ne sono convinta perché sono sua madre!
È fidandoci della misericordia o responsabilità che Maria ha nei nostri confronti come "figli suoi nel Figlio suo" che la invochiamo con il canto del "Salve Regina, Madre di misericordia": ci rivolgiamo a Lei «perché rivolga a noi quegli occhi suoi misericordiosi» con le parole del beato Ermanno di Reichenau, monaco tedesco dell’XI secolo che, colpito da grave malattia che gli impediva di muoversi, guardava alla Madonna come «vita dolcezza e speranza nostra». Possiamo supporre che anche san Francesco abbia guardato alla Vergine Maria in questo modo, dal momento che l'ha invocata e cantata con straordinario affetto e che ha scelto di vivere per anni accanto ad una chiesetta a lei dedicata – Santa Maria degli Angeli – per la quale ottenne – secondo la tradizione già nel 1216, quindi 800 anni fa – la grazia detta del "Perdono d’Assisi".
[…] Papa Francesco, in una delle riflessioni proposte ai sacerdoti ai primi di giugno, ha così commentato: «Non abbiate vergogna di aggrapparvi al manto della Madonna: state lì senza fare grandi discorsi e lasciatevi coprire dal suo manto e avvolgere dal suo sguardo» misericordioso. Così imparerete a guardare a voi stessi, agli altri e alla storia umana con il suo sguardo: - sguardo di tenerezza che accoglie, che si fa grembo che custodisce e genera vita … non sguardo di chi giudica e allontana; - sguardo che sa tessere, con il filo sottile dell’umanità che incontra, la vera immagine di Gesù in ogni figlio e figlia sua: con i fili della bontà e con quelli della miseria, tessere in modo tale che le persone si rinnovino recuperando la loro vera immagine, quella del loro Creatore e salvatore; - sguardo che, accogliendo, sa suscitare fiducia e speranza con una parola che non umilia ma che sostiene e incoraggia … e con gesti di amicizia, di ospitalità e di solidarietà.
Soprattutto noi Religiosi siamo chiamati a far nostro tale "sguardo di misericordia" che ha caratterizzato la vita della Vergine Maria. Sapremo così testimoniare che la nostra scelta di "fare tutto quello che il Signore ci dirà" è il fondamento e il senso del nostro essere cristiani Consacrati. In proposito, papa Francesco chiudendo l’Anno della Vita Consacrata, il 2 febbraio scorso, ci ha chiesto di essere testimoni della "cultura dell’incontro": I consacrati e le consacrate sono chiamati innanzitutto ad essere uomini e donne dell’incontro. La vocazione, infatti, non prende le mosse da un nostro progetto pensato "a tavolino", ma da una grazia del Signore che ci raggiunge, attraverso un incontro che cambia la vita. Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima. Egli è la novità che fa nuove tutte le cose. Chi vive questo incontro diventa testimone e rende possibile l’incontro per gli altri; e si fa anche promotore della cultura dell’incontro, evitando l'autoreferenzialità che ci fa rimanere chiusi in noi stessi.
In quella stessa occasione, è stata rivolta una lettera "ai consacrati e alle consacrate sparsi tra le genti" in cui si parla di «mistica degli occhi aperti»: - è abitare la storia umana come delle sentinelle che pongono attenzione ai bisogni reali della gente; - è essere capaci di vedere nell'altro il volto di Gesù Cristo che ha detto: "Quello che avete fatto all'altro, lo avete fatto a me"; - è maturare la fiducia che Dio stia tenendo in mano anche questo tempo storico e in esso testimoniare il suo stile di misericordia. Maria: «recipiente e fonte di Misericordia» l’ha definita papa Francesco.
A lei ci rivolgiamo fiduciosi con il canto del "Salve, Regina" perché ogni giorno ci mostri e ci faccia incontrare il suo Figlio Gesù, volto della Misericordia del Padre, e ci dia la grazia di testimoniarla con il nostro stile di vita consacrata.
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