domenica 17 aprile 2016

"Ricco di misericordia"... ricchi di Grazie


"Ricco di misericordia"… ricchi di grazie!    
                      
È lo slogan scelto in occasione della 53ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni che celebriamo oggi, IV domenica di Pasqua, domenica del Buon Pastore. 

Ma cosa intendiamo per vocazioni? Vocazione, prima che una scelta, è accoglienza di una chiamata che parte da un riconoscere il Signore. I due discepoli di Emmaus "riconoscono Gesù" nello spezzare il pane: allora la vocazione nasce dalla riconoscenza. 


"Nasce sul terreno fecondo della gratitudine, poiché la vocazione è risposta, non iniziativa del singolo: è essere scelti, non scegliere" (da Nuove Vocazioni per una Nuova Europa, 36c). E’ chiamata alla vita, a vivere il battesimo che sfocia, solo in seguito, in un SI che si concretizza nel sacerdozio, nella vita consacrata, nella vita familiare, nella vita monastica, nella consacrazione laicale.

Perché pregare per le vocazioni? "Perché chiedere una cosa per lui? Sta qui il grande mistero della preghiera. È certo che Dio, come Gesù, vede le pecore senza pastore, è certo che Dio vede i bisogni della Chiesa, ma Dio vuole che noi domandiamo, supplichiamo, preghiamo, perché 'noi' ne abbiamo bisogno. Di questo abbiamo veramente bisogno... Pregare per le vocazioni significa ricordare e confessare che la vocazione è dall'alto, da Dio, per Cristo, nella potenza dello Spirito Santo: Dio è il soggetto che plasma le chiamate e solo lui le può sostenere. Non è il soggetto individuale che sceglie, non è neppure la chiesa che chiama (cioè la risposta ai bisogni della Chiesa) e non sono neppure i bisogni del mondo che suscitano vocazioni. Insomma, Dio è il 'principio' della chiamata e ne è il 'fine' ma questi due poli si possono tenere insieme solo pregando" (Cfr. Enzo Bianchi, Che senso ha pregare per le vocazioni, Ciclostilato, Ritiro al Seminario Arcivescovile di Milano, Venegono, 18 Aprile 1991, p. 6-9).

Se si riconosce che la vita di ciascuno di noi è un dono e che non abbiamo fatto proprio nulla per esistere, non possiamo che rispondere alla nostra storia, al nostro presente e al nostro futuro con una profonda gratitudine. La parola «grazie» indica fondamentalmente un «dono» (in greco: charis =grazia) ed esprime la gratitudine e la riconoscenza verso un «tu» con cui si è instaurata una comunicazione di vita. 

Da piccoli ci hanno insegnato a dire "grazie" a chi ci offriva qualcosa di buono o bello: era una specie di allenamento alla riconoscenza e alla gratitudine, a non dare per scontati i doni ricevuti, ad accorgerci che dietro il dono c'è il donatore e dentro il dono c'è l'amore di chi dona. Poi crescendo si impara, poco per volta, a dire dei grazie sempre più sentiti perché sono risposta all'esperienza di essere amati e di poter amare: gli altri, noi stessi, la vita e Dio che ce l’ha donata. 

Così l'esperienza della prima volta in cui ci siamo sentiti amati personalmente dal Signore è scritta in modo indelebile nella memoria del cuore: quasi sempre questa esperienza è passata attraverso la voce e il volto di una persona amica che ci ha fatto da padre e madre, da fratello e da sorella; altre volte è viva la memoria di una confessione, di un pellegrinaggio, di una estate in montagna, dove i primi momenti intensi di preghiera si sono accordati alla gioia di sentirsi utili per gli altri. Sono esperienze straordinarie, che hanno bisogno di essere custodite nell'ordinario. 

E tu a che punto sei nel cammino di riconoscenza e gratitudine? Oggi, questa Giornata è occasione per ripercorrere la nostra storia personale alla luce di una Parola di Dio che la accompagna e puntella e per ringraziare il Signore per gli strumenti che ci hanno aiutato e ci aiutano nel percorso di sequela. 

Ci lasciamo accompagnare dalla canzone degli 883: grazie mille! 

sr. Rosa Della Volpe



Nessun commento:

Posta un commento

Ciao. I commenti sono moderati dal web-master. Abbi pazienza... :-)