mercoledì 3 ottobre 2018

Transito di san Francesco 2018


In questo giorno in cui celebriamo il Transito di san Francesco, desideriamo condividere con voi una bella omelia tenuta nel 2011 dall'allora Custode di Terra Santa, fr. Pierbattista Pizzaballa. E' un po' lunga, ma è interessante e fa riflettere. Buona lettura e buona preparazione alla festa di domani.

"Quello che mi colpisce, e su cui vorrei fermarmi questa sera, è che Francesco vive questo evento della propria morte come un incontro, per cui, quando vede avvicinarsi l’ora del passaggio al Padre, Francesco invita la morte a venire, le dà il benvenuto nella sua vita: "Ben venga sorella morte!". 
Quello che a noi sembrerebbe la fine della possibilità di incontrare l’altro, la negazione della relazione, e quindi della vita, per Francesco è, invece, uno dei tanti incontri, dei tanti fratelli che il Signore ha dato alla sua vita. L’ultimo, ma anche il primo.

Allora vorrei partire da lontano, dagli inizi, ovvero dalla conversione di Francesco, per cercare di intuire da dove viene questo modo di morire, questo Francesco che va incontro alla morte in pace, cantando. Da dove viene quest’uomo riconciliato con tutto, anche con l’ultimo nemico, che è la morte. Vorrei rileggere la vita di Francesco con la categoria dell’incontro, della relazione.

È Francesco stesso a farlo per primo, nel Testamento, quando rilegge la propria vita con questa chiave di lettura, quella dell’incontro. Secondo lui, la sua vita non è stata altro che una serie di incontri:

  • L’incontro con il lebbroso, con i poveri, con Gesù crocifisso di San Damiano, con il Vangelo, con la Chiesa, con i primi fratelli… E poi, come sappiamo dalle sue biografie, l’incontro con Chiara, con il sultano, con i grandi, i piccoli, con la sofferenza, anche con il rifiuto...
  • È interessante, perché le biografie di Francesco, quando parlano di lui prima della sua conversione, ci parlano di un Francesco concentrato su se stesso. Troviamo solo lui, non c’è altra gente, e tutti gli altri, gli amici, i compagni, sono tutti anonimi, non hanno una grande importanza. Sono lì in funzione di sé, della sua gloria, del suo onore, della sua ricchezza. Dopo la conversione, invece, la vita di Francesco diventa affollata, si apre all'altro: tutti diventano suoi fratelli.
  • Francesco inizia a vivere quando inizia ad incontrare qualcos'altro che non siano i propri sogni, i propri desideri e le proprie follie, qualcos'altro da sé. La conversione di Francesco sta nello scoprire che c'è qualcos'altro, che al centro non c’è lui, e che questo altro va cercato, va rispettato, e bisogna lasciargli posto nella propria vita. 
  • Un passaggio dal vivere per sé e in sé al vivere di qualcos'altro, di qualcun Altro.
  • Un passaggio dalla solitudine ad una vita di relazione, da un egocentrismo ad una vita aperta all'altro, al mistero dell’altro. La solitudine ci sarà ancora, ma avrà un carattere completamente diverso.
  • Un passaggio da un Francesco che rincorre un sogno, un’immagine di sé, al Francesco che sta nella vita, nella storia, che la abita e incontra tutti coloro che la abitano.
  • È interessante notare anche che questo passaggio non avviene se non nella sofferenza. Abbandonare la ricerca di sé, affidare questa ricerca a qualcun altro è doloroso, perché è il parto della vita nuova, quella dei salvati. Francesco vive tutto un lungo periodo di fatica, di buio, prima di aprire lo sguardo sull’altro.
  • Francesco vive qui la sua vera morte, la sua prima morte, ma proprio qui si scopre finalmente vivo, risorto, vivo della vita dei figli di Dio.


La grandezza di Francesco è stata quella di lasciarsi trasformare da tutti questi incontri, che gli hanno dato una forma, un’identità.
  • Francesco non è una di quelle persone rigide, che escono da un evento esattamente come ci sono entrate …, quelle persone impermeabili che non cambiano mai idea …
  • Al contrario, Francesco ne esce ogni volta diverso, ne esce ogni volta più umano e più conforme a Gesù. Come dice nel Testamento, Francesco si “lascia condurre” (Test 110).
  • Un esempio sono proprio i lebbrosi: Francesco si lascia condurre in mezzo a loro, e scopre che quello che era amaro si trasforma in dolcezza, di animo e di corpo (Test 110). E poi conclude: quindi stetti un poco, e uscii dal secolo. 
  • Ci sono tutti e tre i passaggi: Francesco che entra nelle situazioni, che ci sta, che non si tira indietro, che si lascia trasformare, che è testimone di ciò che il Signore compie in lui, che si lascia fare, e poi Francesco che ne esce diverso, che cambia vita.
  • Questa trasformazione troverà il suo apice nell’evento delle stigmate: San Bonaventura, a questo proposito, dice che “il verace amore di Cristo aveva trasformato l’amante nell’immagine stessa dell’amato” (LegM XIII, 5; FF 1228), e queste parole sono davvero una sintesi mirabile di quanto stiamo dicendo.
  • Perché non c’è nulla che possa trasformare il cuore di una persona se non l’incontro con l’amore, se non l’esperienza dell’amore, e a Francesco accade proprio questo, cioè di disarmarsi di fronte a questa esperienza d’amore che gli si presenta davanti in tutte le sue forme possibili, nella forma dell’altro, e di ogni altro.
  • E da qui, poi, l’esperienza per Francesco che ogni altro è in qualche modo un manifestarsi di questo unico amore, che aveva preso la sua vita, per cui va da sé che l’altro diventa un fratello. Ogni altro, anche la morte.
  • Il Dio di Francesco dunque è un Dio che trasforma, che cambia la vita. E che la trasforma rendendola sempre più capace di amore, di compassione, sempre più vulnerabile, sempre più umana dell’umanità vera, quella di Gesù.
  • E non c’è altra vera esperienza di Dio che questo lasciarsi trasformare, lasciarsi condurre: questa è l’esperienza che Francesco fa di Lui, questo è il suo cammino penitenziale, la sua preghiera.
  • Francesco non si accontenta di conoscere Dio, di contemplarlo. Non gli basta neanche di vederlo, di ascoltare la Sua voce. L’apice della sua preghiera non è la contemplazione, ma il vivere la vita stessa di Lui; è la trasformazione in Lui:
  • Cfr “Due grazie io ti chiedo, che io possa rivivere la Tua passione e il Tuo amore” (Terza considerazione sulle stigmate, FF 1919)….
  • Questa dunque è la grandezza di Francesco, ed è una grandezza che va di pari passo con la sua umiltà, il suo essere povero cosa nelle mani di Dio, il suo offrirsi alla forza trasformante del suo amore.
  • Vivere così non è facile. Chiede di essere poveri e disarmati, pronti a tutto, senza paura… perché quando incontri l’altro non sai mai cosa ti accadrà.


Non voglio dire che Francesco abbia avuto verso la vita un atteggiamento semplicemente passivo, un semplice sottomettersi a quanto gli accadeva. In realtà, se c’è qualcuno che ha trasformato la storia, che è stato capace di dare una svolta nuova al cammino della Chiesa, della società, di tanti uomini (anche della nostra vita!) è stato proprio Francesco. Forse nessuno come lui ha saputo fare altrettanto! Beati i miti perché erediteranno la terra… (la terra!!!).
  • Ma Francesco ha saputo trasformare la vita proprio in quanto si è lasciato lui per primo trasformare.
  • E quindi, concretamente, è stato capace di rinunciare alla violenza di chi entra nella vita pensando di conoscerne il mistero, di volerla cambiare a propria immagine, di voler piegare la vita alle proprie idee. 
  • L’unico modo per trasformare la storia è quello di lasciarsi trasformare dal Signore, di lasciarsi sempre più prendere dalla forza del Suo amore. 
  • Tutto il resto, tutto ciò che viene da noi, dalla nostra iniziativa, cambia l’apparenza della storia, cambia la superficie.


E infine Francesco, dopo aver trasformato la vita, ha trasformato anche la morte.
  • Ed è esattamente quello che celebriamo questa sera, una morte trasformata in amica, in sorella. Non più qualcosa che fa paura, che fa orrore, ma una presenza buona. 
  • Perché questo? Com’è possibile? E’ possibile perché il frutto di questo cammino di trasformazione è una profonda unità di cuore. 
  • Un cuore unificato è un cuore capace di amare e di soffrire, insieme. E quindi di cogliere in tutto ciò che accade la possibilità di amare, senza tirarsi indietro anche quando l’esperienza dell’amore passa per quella del dolore. Anzi, cogliendo proprio lì la realtà dell’amore vero.
  • La morte per Francesco è un’esperienza d’amore, come tutte le altre, da vivere con lo stesso amore con cui l’ha vissuta Gesù, in unione a Lui, in conformità a Lui, trasformato in Lui.


Questa sera, di fronte a Francesco che muore così, ci lasciamo nascere in cuore questo desiderio di vivere così, con la sua stessa capacità di lasciarci trasformare dall'esperienza e dall'incontro con l’amore di Cristo, così come questo amore raggiunge in modo unico e particolare la vita di ciascuno.
Con la certezza che questo è il modo più fecondo di vivere e di trasformare la vita dell’uomo.


Nessun commento:

Posta un commento

Ciao. I commenti sono moderati dal web-master. Abbi pazienza... :-)