mercoledì 18 novembre 2015

Santa Elisabetta d'Ungheria

Foto della pagina fb di Festival Francescano

Riportiamo di seguito la bella omelia, sul Vangelo di Lc 6,27-38, del Card. Péter Erdö  che ieri, 17 novembre 2015, ha presieduto la celebrazione eucaristica nella Basilica di sant'Antonio di Padova, per la festa di Santa Elisabetta d'Ungheria, patrona del Terz'Ordine Secolare. Festa importante anche per noi sfma e per i tanti Istituti Religiosi francescani femminili, che seguono la Regola del Terz'Ordine.

"Reverendissimo Padre Rettore, Cari Confratelli, Cari Membri dell’Ordine Secolare di San Francesco, Cari Fratelli e Sorelle,

1. L'Ordine Secolare di San Francesco celebra nella persona di Santa Elisabetta d'Ungheria una delle sue prime e più grandi personalità. Ma com'è possibile che una principessa nata nel 1207 in Ungheria, molto presto maritata, rimasta vedova a 19 anni e morta il 16 novembre 1231, ad appena 24 anni, risulti ancora oggi una forza di ispirazione per tanti cattolici del nostro tempo? In Ungheria, infatti, molte opere caritative e sociali, anche pubbliche, portano il suo nome. Nel 2007 è stato celebrato l’ottocentesimo anniversario della sua nascita in molti paesi europei.
I motivi sono molteplici.

Il primo è il mistero stesso della santità di vita di Elisabetta. Nel vangelo di oggi abbiamo sentito una delle più belle espressioni del comando della carità dato da Cristo stesso: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,37-38). Il perdono e il donare che non aspetta alcuna ricompensa possono essere riassunti sotto il nome di misericordia. Nei confronti di Dio, infatti, non possiamo avere alcuna pretesa. È un suo dono il perdono dei nostri peccati, è Lui che ci dà in dono la nostra vita, tutti i nostri beni e tutte le nostre possibilità. Riceviamo da Lui in dono anche ciò che è frutto del nostro onesto lavoro, perché la nostra capacità di lavorare, la stessa possibilità di avere un lavoro non è una nostra prestazione, bensì opera della generosità della divina provvidenza. L'uomo generoso, quindi, soprattutto quello che offre al suo prossimo i beni necessari per la vita dignitosa, il vitto, l'insegnamento, la cura in caso di malattia o di anzianità, fa risplendere il volto di Dio davanti al mondo. E proprio per questo la santità di Elisabetta è grandiosa!

2. Ella era amata e venerata con entusiasmo dal popolo. Ai suoi funerali si radunò una folla enorme. Due giorni dopo già si cominciava a raccontare dei primi miracoli. Meno di quattro anni dopo la sua morte papa Gregorio IX la canonizzò il giorno di Pentecoste del 1235. L'anno successivo, all'elevazione solenne della sua salma furono presenti duecentomila fedeli, tra i quali l'Imperatore Federico II, il quale, vestito da penitente, fu uno dei portatori della bara. La sua venerazione si era già diffusa con sorprendente rapidità in tutta l’Europa. Il Terz'Ordine Francescano, ossia l'Ordine Secolare di San Francesco la venera come proprio santa patrona. Ma ella è patrona anche dei poveri, degli orfani, delle vedove, degli ospedali ed altre istituzioni caritative. In molte città europee si trova un ospedale di Santa Elisabetta. Secondo molti, l'influsso di Elisabetta sulla sua epoca è comparabile a quello di San Francesco. E malgrado ogni distanza storica -è proprio questo il punto dove si capisce, non tanto mediante ricerche storiche, ma con il cuore, la sostanza dell’esempio di Santa Elisabetta. Essa consiste nel fatto che ella amava Dio senza condizioni, più di tutte le cose. Per Elisabetta, Dio non era un pensiero astratto, bensì una persona viva di cui amore e volontà ella voleva seguire fino alla morte.

3. L’altro motivo dell'attualità di Elisabetta è l'attuale stato d'animo dell'Europa. Santa Elisabetta ebbe una fama internazionale già nella sua epoca, divenendo quasi il cuore dell'Europa. La sua personalità è particolarmente attuale oggi, quando si riscontrano non solo i segni di una crisi finanziaria ed ambientale, ma anche dell’uomo stesso. Il pensiero ristretto entro i limiti dell'efficienza economica e finanziaria di breve periodo produce delle situazioni di stallo che non permettono di respirare oltre l'orizzonte del nostro mondo. Numerose procedure tecniche che costituiscono il fondamento della nostra vita quotidiana, distruggono allo stesso tempo l'ambiente e provocano ingiustizie sociali e tensioni economiche. Benché gli uomini di scienza e i responsabili della società vedano questi pericoli, come pure i fenomeni della crisi demografica e quelli di grave ingiustizia nella distribuzione internazionale dei beni, essi non sembrano in grado di intervenire con la dovuta efficacia. La nostra vita è infatti organizzata in modo tale da costringerci a sacrificare in nome dell’utilità finanziaria di breve periodo il futuro e lo sviluppo biologico, economico e culturale. La fonte dei mali sembra proprio trovarsi nel cuore umano. Diminuiscono le amicizie, sempre di più sono quelli che hanno paura di contrarre matrimonio, dar vita ai figli, molti non vedono la differenza tra il mondo reale e quello virtuale. Abbiamo bisogno quindi di quella semplicità con la quale Santa Elisabetta si rivolse a Dio e al mondo. Il cristianesimo, sin dalle sue origini, si fa promotore della gioia con la quale l'uomo credente scopre la piena verità in Gesù Cristo. I nostri rinnovamenti, lungo la storia, si realizzano attraverso persone come San Benedetto, San Francesco d'Assisi, Santa Elisabetta o la Beata Madre Teresa. Anche l'uomo di oggi può arrivare all'autentico rinnovamento seguendo il loro cammino. La ricerca di questa via è oggi di nuovo una forza mobilitante, una ispirazione al pellegrinaggio. 

4. Santa Elisabetta era una mistica, una tra le più perfette. Viveva nell'amore di Dio e anche le cose terrene erano per lei memoria del Creatore. Come oggi intorno a noi, così allora intorno ad Elisabetta, la vita era turbolenta: conflitti familiari, intrighi, ingratitudine caratterizzavano il suo ambiente ma vi erano presenti anche le gioie terrene. Discendenza reale, patria, ricchezza e potere sono venuti e passati. Elisabetta però ha pregato sempre ed è rimasta serena in ogni circostanza. Voleva rallegrare la gente. L'irradiazione del suo amore verso Dio e verso gli uomini ha addolcito anche i malevoli, ha illuminato suo marito, la sua famiglia, i suoi poveri. La giovane Elisabetta si sposò col marchese Lodovico. Il loro matrimonio sacramentale fu fonte di unità corporale e spirituale e di santificazione. Quest'amore rese possibile ad Elisabetta di aprire - in tempi di carestia - i magazzini principeschi a favore dei poveri malgrado la resistenza dei nobili di corte, perché suo marito rispose a tutti: «Lasciatele fare del bene!». In forza dell'attrazione divina e del mistero sacramentale l'amore di Elisabetta verso suo marito divenne sempre più perfetto. Ella diede il suo consenso a che il marito seguisse la voce della propria coscienza e partecipasse alla crociata. Più tardi poté accogliere con fede e con fiducia anche la notizia della morte del suo consorte. 
Nella vita di Santa Elisabetta anche l'amore verso i poveri e verso i bisognosi fu un'estensione della vera vita familiare cristiana basata sul sacramento del matrimonio. Elisabetta quindi non è soltanto un modello della carità verso i poveri, ma anche un esempio attraente dell'amore coniugale e materno.
Sant'Elisabetta ha seguito l’ideale francescano della povertà. Nella letteratura agiografica dei primi decenni del tredicesimo secolo, la durezza e l'estremità della povertà che i santi assumevano per amore di Cristo, sembrava dominare il discorso. Ad Assisi, per esempio, entrando nel convento di San Damiano rimaniamo impressionati dalla severità della povertà. Nei racconti più tardivi poi riguardo agli stessi santi comincia a prevalere non tanto l’austerità e il rigore della povertà, bensì l'amore, la preghiera espiatoria rivolta a Dio e il sacrificio assunto per il prossimo. Nel caso di Santa Elisabetta, neppure lo spirito dell'epoca poté offuscare quel dinamismo di serenità e di amore che sin dall'inizio scaturì dal suo giovane cuore.

5. E così siamo ritornati al mistero ascoltato nel vangelo, alla vocazione più nobile dell'uomo. Dobbiamo essere immagini riflesse di Dio affinché la nostra vita diventi così dono del suo amore al mondo. In questo quadro tutti noi dobbiamo cercare il nostro posto. Dobbiamo ascoltare con attenzione la parola di Dio indirizzata a noi personalmente e dobbiamo vincere ogni nostra pigrizia, amarezza, rabbia e pusillanimità per seguire la sua volontà. In questo modo possiamo anche noi diventare una benedizione per il nostro ambiente, così possiamo irradiare Cristo al mondo, così una nuova forza vitale può penetrare le nostre famiglie, le nostre comunità ed i nostri popoli. 

Santa Elisabetta d'Ungheria, prega per noi! Amen.



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