sabato 5 marzo 2016

Quarta domenica di Quaresima 2016


Liturgia del giorno: Gs 5,9a.10-12; Sal 33; 2Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32.

La liturgia di questa quarta domenica di Quaresima ci mette di fronte a un brano tante volte ascoltato, meditato: la parabola del Padre misericordioso. Lasciamoci sorprendere: oggi il Signore cosa vuole dire di nuovo alla nostra vita con questo Vangelo?

La vicenda è, appunto, nota: il figlio minore chiede al padre la parte di eredità che gli spetta, vuole andarsene di casa, vuole la sua libertà, essere autosufficiente. Colpisce il silenzio del Padre: non ribatte, non cerca di far ragionare il figlio, ma gli dà quanto ha chiesto e lo lascia andare. Si, Dio Padre ci lascia liberi anche di allontanarci da Lui, di sbagliare, ma non smette di attenderci e questo è il paradosso della sua misericordia. Che bello!

Il figlio parte, vive da dissoluto, sperpera tutto e, addirittura arriva a volersi cibare delle carrube dei porci, ma nessuno gliene dà. Allontanandosi dal padre, il figlio, che aveva tutto, diventa schiavo. Comincia a "trovarsi nel bisogno" e allora "rientra in se stesso": qui non si parla di pentimento, ma semplicemente si rende conto che ha sbagliato a valutare le cose, che è caduto in basso. Ma il rendersi conto della condizione in cui si è, può anche essere la peggiore, segna l'inizio di un cammino.

Il padre lo sta aspettando e, vedendolo da lontano, gli corre incontro, mosso dalla compassione, non dice nulla neanche in questo momento, nessuna parola di rimprovero, ma semplicemente lo abbraccia e lo bacia, lo fa sentire amato e perdonato. E, mentre il figlio cerca di dire le parole che si era preparato, il padre rende concreta la sua compassione: chiama i servi, fa portare il vestito più bello, dice di mettergli l'anello al dito, i sandali ai piedi, gli ridona così la dignità di figlio. Si ammazza il vitello grasso e si fa festa. Qual è il motivo della gioia del padre?: "Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". La gioia del padre deriva da una relazione che si era spezzata e ora è reintegrata in un contesto di libertà.

Anche noi, quando ci allontaniamo da Dio e cadiamo nella trappola del nemico, che ci propone una strada apparentemente più semplice, cadiamo in una situazione di morte, perdiamo pian piano quella gioia che ci caratterizzava. Tornare a Dio, e fare esperienza della sua misericordia, significa proprio tornare alla vita, ristabilire la relazione di figli amati.

C'è anche un altro figlio, il maggiore, che il padre vorrebbe lì alla festa, così esce anche per lui e lo supplica di entrare a far festa insieme. Questo figlio discute col padre, dice di averlo sempre servito e di non aver mai avuto neanche un capretto per far festa con gli amici. Neanche lui ha compreso chi è veramente il padre, che davanti alle sue parole dice: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo". Il padre, cioè, cerca di far entrare nella logica dell'amore, colui che è sempre rimasto impigliato nella logica del dovere, della sola osservanza.

La Parola del Padre ci conduce a deciderci a morire ai nostri schemi mentali, alla nostra fede, fatta di leggi, ed entrare in una fede basata sull'amore. Il padre accoglie il figlio ribelle, e tante volte questi ribelli siamo noi, e il figlio-schiavo, e tante volte questi schiavi siamo noi, senza condizioni, semplicemente perché sono suoi figli. 

Il Signore ci doni di lasciarci sempre più raggiungere e plasmare dalla Sua misericordia, perché possiamo a nostra volta ridonarla agli altri, soprattutto a quei fratelli che facciamo più fatica a riconoscere come tali.

sr. Raffaella Cavalera



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